mercoledì 13 marzo 2024

DEMONI A ORTIGIA

APRIRSI 
 Quando esci dal portone sei una lama di colore rosso: ti guardo con la consapevolezza della prima volta; vorrei rallentare i tuoi movimenti però mi sei già davanti e io vorrei allontanarti un po’ da me per guardarti meglio a figura intera. Tu mi aliti un ciao a 2 millimetri dalle labbra…ti prendo le braccia e porto il tuo seno a un attimo dal perdersi contro il mio. Andiamo via da qui, lontano dai due gusci vuoti che siamo l’uno senza l’altro.
Perché ridi ? Oggi parleremo in modo assolutamente consono a ciò che siamo. Hai paura ? No, ridi, sei un’onda di piacere puro, non c’è nessun’altra sensazione che possa inficiare il senso di questo giorno.

Luce a picco fra le palme ad anfiteatro, luce ovunque e mare: una danza di azzurri e le tue gambe a dettare il ritmo delle onde. Ti ho mai detto che hai le caviglie più musicali che abbia mai visto ? Ti volti di scatto e mi butti in faccia i tuoi occhi. -Basta, Enzo, guardami bene, sono una vecchia signora – mi prendi la mano – tocca il mio seno, guarda da vicino la mia pelle, sfiorami i capelli. Sono una donna anziana e tu un vecchio e impenitente libertino.
Io non bado alle lacrime che ora puliscono i tuoi occhi, mi avvicino fino a bruciare la mia anima dentro le mille pagliuzze delle tue iridi e ti bacio facendo sbattere i denti contro i tuoi. E abbiamo di nuovo 16 anni e dell’amore non sappiamo nulla e il sesso è l’unica cosa che vogliamo, l’unica che riusciamo a capire. Siamo tornati le rollingstones pericolose dell’altro ieri e mi metto a singhiozzare senza freni, senza tempo, senza pietà…voglio le altre tue labbra e disintegrarmi dentro il tuo utero. Che la notte rovini su questo giorno luminoso e aperto. Ci siamo amati di più lungo questo periplo marino che in mille giorni di coiti sfrenati, ci siamo sfiorati le vite per gridare che non potrà mai più esserci una prossima volta. E anche questa è una menzogna: la volta è una sola, apparecchiamo il desco a questo miracolo, parlami delle tue poesie e delle tue paure, delle nostre canzoni e di quel giorno sotto la pioggia quando ti dissi – I tuoi capelli sono almeno la metà dei motivi per cui ti amo-
Piove sempre ma è bellissimo quando butti indietro la testa e ti lasci baciare il collo senza pudore, tra un po’ uscirà il sole su questa antica città e ci fulminerà qui, davanti alla fonte Aretusa come due amanti pietrificati dallo sguardo di una Medusa invidiosa. Siamo osservati da decine di persone, giro turistico con spettacolo fuori programma: assistere ad una fiction vera… Andiamo via amore mio, andiamo a indossare nuovamente i gusci lasciati al parcheggio sotto casa. Non siamo noi è il mondo che si agita per la nostra assenza, adesso abbiamo riempito il vuoto ma lui ci aspetta negli altri amori, quelli riusciti male, non amati, sciupati. Non siamo noi, troppo leggeri e perfetti per far vela al vento che sale dal mare. Non siamo noi, la nostra ombra si aggira ancora qua mentre andiamo via.
SCRUTARE IL TEMPO 
E’ una tersa mattina di fine estate che si è fatta attendere a lungo, capricciosa e vanesia, come una star ad un ricevimento in suo onore prima di comparire davanti ai suoi ammiratori. Però ora ogni cosa è al suo posto, perfetta. Non attendo te occhi azzurri, attendo il passato. Quel passato che mi appartiene più d’ogni altra cosa perché possiede ancora una carica vitale profonda, un desiderio non sedato. Il sole, tiepido quanto basta, mi scalda il viso: ho voglia di caffè e placida tenerezza. E’ bellissimo muoversi mollemente con gesti risaputi e familiari: una solare intimità dei luoghi che si riflette dentro il mio spirito. Galleggio con naturalezza… per il principio d’Archimede evidentemente possiedo un peso specifico inferiore ai pensieri nei quali sono immerso. Lo stare bene assoluto.
Quanta della mia passione cammina ancora da queste parti?
Ho proiettato me stesso sul selciato del Passeggio Adorno e l’immagine è arrivata sino alle acque del Porto Grande, i miei occhi sono ancora fissati su un mattino di molti anni fa, quando tutto era ancora di là da venire…così una parte di me si è irrimediabilmente persa tra questi vicoli. Giro intorno lo sguardo verso il Plemmirio punteggiato di case per ricordarne una, situata un po’ più in là, sul deserto di pietre aspre del Capo con il faro. La casa c’è ancora, occhi azzurri, ma non ci appartiene più perché, violentata dagli anni, non sente le nostre voci né quelle degli amici di allora. Adesso solo il vento salmastro del mare l’accarezza, col sentimento un po’ esclusivo di chi non ammette altre condivisioni affettive se non quelle del mirto e degli olivastri selvatici. E già lo sappiamo entrambi che non c’è bontà nell’amore, che non c’è pace, oppure siamo noi che non abbiamo trovato altre vie alternative ad un principio assoluto e beffardo che ci insulta ogni giorno. Da questa ringhiera placida e sonnolenta il mare e il vento mi fanno da anfitrioni, pronti a sorreggermi con garbo in una giornata difficile dentro la quale mi son voluto adagiare con voluttà e senza speranze. Ho lasciato l’auto e scendo lentamente verso la marina, c’è solo il rumore dei miei passi e il tenue sciabordio dell’onda breve che la brezza leggera spinge su questo baluardo della Fonte Aretusa.

Tornare qui in assenza di te, nell’amnesia di ogni pensiero precedente a questo…eppure vederti ad ogni passo, sei un tutt’uno con questi palazzi che si specchiano luminosi sull’acqua immobile della rada. Ti somigliano allo stesso modo queste strade con i piccoli portoni segreti, aperti su antichi silenzi e la passeggiata dignitosa con gli alberi curati che guarda l’altra riva un po’ confusa nella caligine estiva.
-Enzo, per favore non baciarmi…
-Non lo farò ma lasciati guardare.
E’ accaduto qui e io non ho alternative: preferisco elidere tutto ciò che è incongruo, stonato e difforme dall’immagine che conservo nella testa. Così, lentamente la fonte rivive, si riappropria dei suoi colori e dei suoi rumori: non più anatre starnazzanti, solo il fruscio dell’acqua dolce che scivola piano nel mare. Nessuna parete, nessuna ringhiera a far da confine. Solo il senso di un tempo immemore, sospeso come il miracolo della vita, dell’acqua, della frescura. Io sono abbastanza sciocco da credere ai miraggi, da perdere la mia identità in questo gioco astruso; sto qui ad aspettarti per un ultimo appuntamento a cui tu non verrai. Io dovevo esserci perché, nonostante tutto, m’illudo che per certe cose non possa esserci una fine. E’ in questo modo che i luoghi e gli oggetti costruiti dall’uomo ti legano il cuore: assorbendo le tue emozioni e le parole pronunciate in loro presenza. Cammini lungo una strada, svolti un angolo, ti siedi su una panchina, guardi l’ingresso di un giardino pubblico…ogni luogo ti ricorda qualcosa o qualcuno, anzi diventa quella cosa o quella persona.
– Mi piace parlare con te. Mi è sempre piaciuto
– E’ lo stesso per me , ma se io ti chiedessi ora , qui, se c’è mai stato un momento in cui mi hai amato ? Sii sincera, per favore- Un breve silenzio,come se ti raccogliessi in te stessa.
-Sì certo, in molte cose ti ho amato. Posso dire di averti amato. Ma io non voglio stare con te, non posso stare con te, rovineremmo tutto.
Dieci anni fa inghiottii il rospo: che fosse tanto indigesto lo capii solo all’atto della deglutizione, ma lo inghiottii lo stesso. Mentre ti allontanavi pensai che era un atto , un momento della nostra vita, che avremmo avuto altre occasioni. Eri assolutamente bella, assolutamente lontana, assolutamente sola; totalmente tua. Il demone era ancora vivo. Allontanandoti lui cresceva a dismisura, si dispiegava in tutta la sua infernale grazia e il tempo trascorso è, banalmente, il mio esercizio di riparazione, una lucida considerazione affinché io capisca di essere stato sempre una strada parallela alla tua, vicina a sufficienza da poterci guardare dentro ma non da camminarci assieme. Oggi il sole è chiaro, un’armonia perfetta che monda il paesaggio da ogni imperfezione e io sono un uomo fortunato, non allegro né soddisfatto, ma cosciente della sua vita questo sì. Non è poco. L’unico rimprovero che mi faccio è che dovrei stare più attento quando dico o penso certe cose: i mai, i per sempre non sono materiale da maneggiare con disinvoltura alla mia età. Si tratta di frutti proibiti. Per me sono stati l’anticamera dell’impotenza, monoliti eretti nelle praterie della mia vita. Per quanto mi sia allontanato, nonostante l’infinità di stagioni trascorse, infine mi ritrovo sempre di fronte ad essi: o sono la verità assoluta o il vicolo cieco in cui mi sono cacciato da ragazzo, e il demone ride.
DARE AL TRAMONTO IL TEMPO CHE GLI SPETTA 
 Non ti bacerò più occhi azzurri, il pericolo è scongiurato; ascolteremo la musica a basso volume come piaceva a te vent’anni fa. Ti racconterò per l’ultima volta sottovoce la storia comune di quelli che, impauriti da certi sentimenti, li precludono al proprio spirito e, a forza di camminare ogni giorno nella polvere delle piccole miserie, dei sorrisi ipocriti e delle carezze interessate, hanno visto sparire dai loro orizzonti la gioia di un’emozione vera.
Fammi dire, non parlo di te, non obbligatoriamente, non solo di te: ho lasciato sparsi in giro per l’Italia e la Sicilia molti brandelli di me: qui come a Palermo o Milano o Trapani, essi hanno fatto il nido e sono prosperati. Adesso mi stanno davanti per un ultimo commiato. La lealtà non esiste. E’un surrogato delle menzogne che ci raccontiamo ogni giorno e te lo dico a capo chino. Poi alzo gli occhi e li fisso nei tuoi. Sei sincera, assolutamente sincera: il fatto è che siamo arrivati in ritardo anche per lasciarci. – E’ vero, sai essere leale e ti odio. Adesso avrò bisogno di un po’ di tempo, devo trovare un equilibrio nuovo – Dovrei dirti questo ed invece ti bacio e nulla si può dire di più perché non è una storia d’amore. E’ una storia e basta.

Di tempo n’è trascorso a sufficienza. Io non sono guarito perché non sono mai stato malato; l’ho capito qualche secondo fa guardando il mare. Sciocchi come me si nasce e ci si rafforza crescendo, è una modulazione diversa dell’anima, un’indole elastica che, piegata ad altri fini, torna naturalmente su se stessa. Non me ne sono accorto: un piccolo drappello di turisti è arrivato da queste parti. La fonte è di nuovo un fenomeno da baraccone, troppe fotocamere, troppi gelati, troppi calzoni corti e sandali di cuoio. Nemmeno qui c’è più spazio per me, la misantropia mi spinge a cercare un altro rifugio. In fondo basta svoltare al primo angolo nella prima stradina per ritrovarsi solo.
– Spesso mi sento sola, sai. Con nessuno mi riesce di parlare come faccio con te, se ti parlo si sciolgono i nodi, quasi tutti- E sorridi mentre le tue parole m’inseguono ovunque: in un modo o nell’altro sei venuta all’appuntamento.
– Quando ero bambina non uccidevo nemmeno le formiche…
– Ormai è tardi per pensare ad un figlio
– Se avessimo messo al mondo una creatura, sarebbe stata femmina. Una bellissima bambina…una bambina…
Sono sbucato da un’altra parte, in vista del Castello Maniace, qui di turisti neanche l’ombra. Poggio le spalle contro un muro e giro lo sguardo intorno lungo tutta la marina piena di sole: non sto male anzi mi ha preso una sottile e dolcissima euforia. Nella memoria si è acceso un altro lungomare, opposto e uguale a questo, un’altra acqua fatta di sale e di mulini a vento. Là c’è un paese bianco sotto il monte che guarda lontano le Egadi: un’illusione d’azzurro. Là vagabonda ancora, stordita, la mia fiducia nella vita e nell’amore. Mi fa una tenerezza infinita, ha i capelli bianchi come i miei ed è ancora molto bella. Sono prigioniero di me stesso, mentre l’accarezzo con gli occhi, lei continua nel suo incedere lento e leggero, io la guardo mentre si allontana sempre più…potrei perderla per sempre o per sempre rimpiangere di non averla fermata, di non averle detto che non mi è costata fatica rincorrerla fino a dimenticarmi di me.
– Aspetta! E’ questo il luogo e il momento, non ce ne saranno mai altri, fermati!
Lei si volta… e non c’è più nulla fra la mia idea e il sogno, nemmeno questi veli che stanno scivolando sui suoi fianchi. Sei tu! Proprio tu! E’ questo dunque ciò che si prova davanti ad un fantasma: non è uno stare bene o male, è una marea di sensazioni e di parole quella che mi travolge. Anni d’idee e di sogni trattenuti a stento stanno qui, sul ciglio di questa baia, in bilico tra la sorpresa e il rammarico di non saper fermare per sempre tutto questo. Immobile non so che fare. E’ la stessa sensazione di trent’anni fa ed io non credevo che potesse raggiungermi ancora, eppure è accaduto. Perché sei venuta? Perché ora? Vuoi stabilire, in modo definitivo, una priorità, un possesso che t’appartiene? Te lo domandai chiaramente, ed era inverno – Ma tu mi ami?- – Non lo so…-
Eri pallida, quasi rassegnata e mi guardasti andar via. Guarda ora, principessa, che magnifico palcoscenico c’è toccato stamattina. Io non ho più alcuna malinconia da raccontarti, nessun bacio da chiederti che tu non mi abbia già dato. Credevo d’esser arrivato fin qui per un commiato finale all’altra metà del mondo, mi ero già scritto il discorso senza considerare la disponibilità dell’uditorio. Ma adesso che siete ferme, intorno a me, e mi osservate attente, donne, bambine, ragazze di un tempo, madri di oggi, fidanzate e amanti, appassionate o disilluse, abbandonate o perse, non mi lascerò sfuggire l’occasione. Ho molte cose da dirvi…non riuscirò a dirvene compiutamente nessuna! Spero che, per intuito, capirete ugualmente, se così non fosse non ditemelo, vi prego, lasciatemi l’illusione che ci siamo compresi. Mi aiuterete ad andare lontano.
Il sole è salito quasi allo zenit e questa terra è trasfigurata dal caldo. Ho le mani pulite finalmente e completamente vuote, come le strade d’Ortigia a quest’ora. Forse oggi che l’armonia ci possiede potreste seguirmi, almeno una volta, sul filo della vita che ci corre incontro. – Non baciarmi- – Ti amo. -Non voglio, non posso, stare con te. – Lasciami in pace! – In qualche modo ti ho amato, sì ti ho amato. – Non lo so. – Buonanotte mio sogno proibito. – Mi piace parlare con te, mi è sempre piaciuto.

Guardate, le parole trascolorano: è rimasto il vostro sorriso, una pausa breve prima dell’ultimo salto. Ora tocca a voi: conquistate almeno una volta la mia solitudine. La luna liquida e le stelle fitte nel nero della notte ansiosa sono storie passate, parole vuote, di plastica, ma il silenzio del cuore nei giorni in cui il riso c’era compagno spietato e beffardo è un racconto molto vicino. Vi prenderò, un giorno, in una prossima vita, in una città diversa, dietro un altro angolo; nella danza che avete lungamente negato sarete travolte anche voi. Non potrò riderne e non vi darò il veleno acuto che ha gonfiato i miei giorni. L’orologio sta girando in fretta, troppo in fretta, non è più il momento di stupide ripicche. Le ombre si stanno allungando, io con esse e finalmente non è più tempo di demoni, né di angeli. Fra poco sarà la fine del giorno e io voglio che la sera mi trovi ancora una volta, come sempre: aggrappato al cielo.

giovedì 7 marzo 2024

La mia ragazza lontana


Credo che scrivere sia per me fondamentale: lo percepivo confusamente già ai miei sette anni d'età. Scrivere per capire e capirmi, per fermare l'attimo e non farlo morire. Negavo il parlare? No, ma non funzionava allo stesso modo...o forse ero io a non capire; parlare faceva confusione, diluiva il tutto, non lasciava traccia. I gesti? Quelli erano e sono altra cosa, A volte elementari ma sempre statuari e definiti, qualcosa con cui confrontarsi senza ipocrisie. 
Ho vissuto migliaia di gesti nei miei 70 anni, alcuni sono rimasti impressi per sempre dentro di me e li rivedo come allora, li sento nel profondo, sono la mia vita vera. Mi manchi, se riavvolgo il film della mia esistenza adesso è tutto chiarissimo: ho avuto una sola change di felicità e portava il tuo nome. Lo sentivo, certo lo sentivo anche allora ma ero troppo fragile e distonico, studiavo poco, facevo poco e soprattutto costruivo poco. Non è una scusa ma solo una constatazione, è un difetto costituzionale, inutile girarci attorno, non sono mai stato capace di indirizzare le mie forze, i miei istinti verso qualcosa di concreto, qualcosa che mi potesse salvare veramente dall'erosione esistenziale che già cominciava a sgretolarmi a 20 anni! Uno sciocco dalla sintassi esemplare! Un nullafacente dalla cultura esplosiva e dalla capacità fortissima di non tenere niente di solido tra le mani. Ti ho perso per questo e mentre accadeva , mentre vedevo sgretolarsi un sogno, stupidamente mi davo ragioni false, orgoglio, equivoci, mancanza di vero amore! Cercavo di fermare la morte dell'anima dandomi un contegno banale e inutile. La mia ragazza si allontanava ed io non sono stato capace di darle l'ultimo bacio, scendevo le scale come un ebete ipotizzando un futuro che non c'è mai stato. Ho provato decine di volte a trovare un interlocutore: alla fine devo accettare il verdetto: non mi ama nessuno, non mi parla nessuno, sono tutti alieni all'errore, tutti organizzati e organizzabili, nessuno ha tempo da perdere con Enzo. 
Negli ultimi 30 anni ho riempito di lacrime segrete e solitarie i miei giorni, sempre più stanco e affannato...una compagna, una voce, qualcuno con cui condividere per non lasciare campo aperto alla fine. Sai come andava? Sguardi attenti, interessati, increduli su come ero e soprattutto come potessi essere in futuro, infine l'enorme delusione su come fossi in realtà, di quanto fossi incontrollabile, di quanto fossi impotente e di quanto di me occupava una forza diversa presente da prima di ogni altra. Ho disceso le scale fino agli inferi e adesso li guardo da vicino: mi chiamano con voce insistente, beffardi e sicuri della loro vittoria. Resti tu, ci sei tu, così senza nessun altro orpello dell'abito che avevi allora, completo e luminoso, la mia ragazza lontana, il mio sogno maledetto e irraggiungibile. Tutti questi anni trascorsi a guardare la tua vita senza di me, le nostre vite buttate nella spazzatura senza neanche un vero senso. Mi agito come un vecchio scemo, quel che sono, ti chiamo nell'unico modo che conosco, non lo definisco perchè le magie si possono solo assorbire. 
Mia madre me lo diceva - morirai con questo segno di inutilità addosso, almeno vestilo bene, nel miglior modo possibile- Ci sono riuscito? Serve a qualcosa? Guardo attorno a me, i miei giorni adesso corrono in fretta ma dovrei scriverti più spesso per dirti la verità...quella che tu conosci bene amore mio. Esiste solo un'occasione per quelli come noi: tu sei più forte, ti sei difesa meglio, non credendoci più la vita si è disinteressata di te, sei cristallizzata in una dimensione adeguata al nulla che ci circonda, vivi segreta e irraggiungibile. Io non esisto quasi più, chiunque oggi se mi avvicina lo fa solo per farsi quattro risate e convincersi di aver fatto bene a lasciarmi solo a cuocere nel mio brodo. Nessuno parla con me, ho una lingua diversa, nessuno discute con me, delle mie opinioni non frega niente a nessuno così anche la scrittura è giunta a una solitudine profonda...omnia mecum porto, quasi niente quindi, una particella libera nel vento che prima o poi si poserà stancamente da qualche parte per diventare terra. Non sarà una scelta nemmeno quella! Quando ti parlo mi nego, ho paura di addossarti un'ulteriore tristezza, vorrei fossi felice ma so che non potrai esserlo e che io ne sono la testimonianza vivente. Non ti aiuto, non risolvo nulla, ma come potrei? Rovesciarti addosso la grande quantità di errori fatti, analizzare tutte le impotenze per dirsi poi abbiamo sbagliato e aggiungere poi e non vi è più nulla da fare...ho sbagliato io  non tu. Tu hai capito e hai conservato di me solo la parte migliore, sei scappata lontano dalla mai incapacità di concretizzare la tua e la nostra salvezza, hai conservato il sogno segreto. Io mi sono fatto massacrare da tutto e da tutte. Il risultato è questo: perfettamente definito, sono un uomo vecchio e stanco, uno come tanti per tutti anche per mia moglie. Se non riesco a entrare in contatto vero con qualcuno devo iniziare a pensare che la colpa sia mia! Che sia io a parlare un italiano falso, incomprensibile e senza riferimenti credibili. Tu sei sparita dentro te stessa, forse ti sei salvata ma io sono solo uno scheletro vuoto e senza forze in un contesto che vuole e pretende ben altro. Sono anche sul banco degli imputati e non voglio difensori d'ufficio, non potrei pagarne di altro tipo. Sono accusato di aver mentito, di non aver amato, di non aver prodotto, di non aver capito...ho una marea di imputazioni e se provo a dire non mi si fa neanche parlare perchè chi ha amato non ha scampo, l'amore si paga con la morte. Se hai amato sei pericoloso, non è un patrimonio l'amore, una memoria salvifica, è invece un veleno letale che potresti iniettare ad altri! Sono pericoloso e inaffidabile, questo è quello che mi dicono da anni...l'altra versione è - poverino ma se l'è voluta- Io non ho voluto niente Giusy, ho seguito il mio istinto, la mia natura che mi ha condotto a te. Spero solo che la scrittura almeno con te mi salvi dal caos in cui rischio di precipitare. Enzo E certamente sono molto più fragile di ieri, prima avevo ancora un minimo di buona fiducia nel tempo semplicemente perchè c'era ancora tempo! Ora non più, ora sono in una gabbia stretta, restarci dentro per sopravvivere stancamente oppure rompere le sbarre e andare a morire altrove. La solitudine resterebbe la stessa. Perchè non esiste una connessione diretta e immediata tra la mia testa e la mia mano che scrive, qualcosa su cui tu poggiandoci sopra il viso possa sentire tutto, proprio tutto. Ti invio una musica, la canzone che sto ascoltando ora, il sentimento di adesso. Domani è troppo oltre, domani non esiste più da anni.